La scoperta del bianco ha permesso all'uomo del Neolitico di avere maggiori possibilità espressive. Una delle differenze tra la pittura Paleolitica e Neolitica è proprio nella disponibilità e nell'utilizzo del carbonato di calcio per la realizzazione delle pitture murali.
Ma, i primitivi potevano dipingere utilizzando un bianco di composizione stabile e resistente? Il bianco che hanno utilizzato sulle superifici delle caverne ha superato la prova del tempo?
Sì, risultati stabili potevano essere raggiunti utilizzando il carbonato di calcio, un particolare bianco ottenuto dalla calcinazione delle ossa degli animali.
La calcinazione non si può definire come un fenomeno naturale ma piuttosto è da considerarsi come una vera e propria scoperta alchemica.
La calcinazione è un processo di riscaldamento ad alta temperatura che ha l'obiettivo di eliminare le sostanze volatili dal composto.
L'uso del carbonato di calcio come pigmento per le pitture rupestri corrisponde alla diffusione della pastorizia e della pratica di addomesticare animali presso le abitazioni dell'uomo primitivo (pratica testimoniata anche in una pittura rupestre dell'8.000 a.C. nelle grotte di Gilf Kebir tra Libia e Sudan).
Un noto esempio dell'utilizzo del carbonato di calcio ottenuto da calcinazione per scopi pittorici è sito in Argentina a la "Cueva de las Manos", dove le pitture murali vengono datate circa 9.000 a.C.
In questo sito archeologico, come dice già il nome, troviamo uno straordinario alternarsi di impronte di mani, impresse sia in negativo e che in positvo.
Qual è il primo bianco della storia?