Il lapislazzuli è una pietra azzurra venata d'oro, il suo colore può variare dalle tonalità celesti del colore cobalto sino al colore blu oltremare, questa pietra non deve essere confusa con l'azzurrite (che le assomiglia per tonalità ma non per stabilità pittorica).
«Il colore blu del lapislazzuli è dovuto a impurità di zolfo imprigionate nel reticolo cristallino di un minerale incolore, il silicoalluminato di sodio. Proprio l'occlusione all'interno di un reticolo cristallino rende il pigmento molto stabile e di fatto non deperibile, poiché l'involucro cristallino protegge le impurità [...] dall'azione degli agenti esterni»1.
Il minerale viene estratto nelle lontane miniere (oltre il Mediterraneo, Oltremare) del Cile, Siberia, Cina, Persia e Afghanistan. Nel mondo antico il lapislazzuli veniva estratto unicamente «dalle montagne azzurre dell'Alto Afghanistan, secondo la definizione data più tardi da Marco Polo»2 e giungeva in Italia, in particolare a Venezia, solamente attraverso la via della seta. Se si pensa ai costi di estrazione, lavorazione e trasporto si coglie perfettamente perché questa pietra è sempre stata particolarmente costosa.
Il lapislazzuli offre ai pittori una tonalità di blu particolarmente intensa e per essere utilizzato come pigmento doveva subire una lavorazione lunga e laboriosa. La pietra ripulita dalle impurità presenti, veniva arroventata a fuoco vivo, sminuzzata e venivano selezionati solamente i frammenti azzurri che in una fase successiva venivano macinati finemente e mescolati con olio, cera e resina. Cennino Cennini, nel Libro dell'Arte, descrive la varie fasi di lavorazione del minerale e descrive così il color lapislazzuli: "azzurro oltremarino si è un colore nobile, bello, perfettissimo oltre a tutti i colori". Il lapislazzuli "può avere diversi gradi di purezza a cui corrispondono i relativi prezzi, da uno a quattro fiorini l'oncia"3 paragonabile ad un articolo d'oreficeria.
Il blu oltremare è conosciuto sin dall'antichità, probabilmente già da cinquemila anni. Inizialmente utilizzato in Egitto, per la fabbricazione di gioielli e amuleti, trovò ampio utilizzo in ambito pittorico, in particolare a partire dal tardo Medioevo (nell'immagine abbiamo Maria, vestita di blu lapislazzuli, in preghiera ai piedi della croce. Il particolare è tratto dal Polittico di Pisa di Masaccio, Crocifissione, 1426 d.C.).
Nel Quattrocento la scelta dei materiali di pregio diventa una scelta vitale: «l'arte deve mostrare talento e, allo stesso tempo, si deve vedere quanto è costata»4. Il valore economico del color lapislazzuli cambiò l'utilizzo stesso che se ne fece di questo colore fortemente apprezzato da pubblico e committenza. «Le convenzioni cambiano al cambiare della cultura»5ed è per questo che si vuole porre l'attenzione sul cambiamento cromatico che ha subito l'abito della Vergine nel corso dei secoli. «Fino al Quattrocento l'abito ufficiale della Vergine è scuro, a simboleggiare il lutto per la morte del figlio [...] poi nel Quattrocento c'è un cambio di rotta, quando la fastosa generosità dei committenti pretende che Maria sia vestita col lapislazzulo»6.
Una scultura in particolare rispecchia in modo molto esemplificativo quanto i riferimenti culturali e sociali possano influire sulle immagini e sui messaggi che questi vogliono veicolare anche attraverso il colore stesso, si tratta di una Madonna scolpita in legno di tiglio, conservata a Liegi7. Le vesti della Vergine sono state inizialmente dipinte con un colore scuro per evocare il lutto della perdita del figlio, in seguito il colore scuro è stato coperto con uno strato di colore azzurro lapislazzuli che a sua volta è stato oscurato da uno strato d'oro applicato in epoca barocca. La scultura in questione venne, infine, portata al bianco attuale.
L'utilizzo del lapislazzuli, vivo anche tra i pittori fiamminghi (con Van Eyck in particolare), fu ripreso per alcune sue tele anche da Antonello da Messina, nell'immagine possiamo ammirare l'opera Annunciata 1474.
- A. Zecchina, Alchimie nell'Arte, Zanichelli, Bologna, 2012. Pag. 91.
- Ivi, pag. 43.
- R. Falcinelli, Cromorama, Einaudi, Torino, 2017, pag.58.
- Ivi, pag. 57.
- Ivi, pag.61.
- Ibidem.
- M. Pastoreau, Il colore, Ponte alle Grazie, Milano, 2002.
Quale colore costava come l'oro?